Questo marchio e questa ragione sociale, che durano tuttora, appaiono per la prima volta in una fattura inviata al Comune di Sassoferrato nel luglio del 1919 quando, finalmente, vuoi come dote portata dalla moglie Itala, vuoi come regalo del padre Francesco (la questione, in ogni caso di scarso rilievo, in mancanza di testimonianze dirette e inconfutabili, è destinata a restare irrisolta), la tipografia di Sassoferrato è completamente sua. Decide anzitutto di spostarla in un locale ampio e luminoso, aperto sulla strada, al pianterreno del bel palazzo che la famiglia possiede dall’inizio del secolo, in via Montecavallo, (dove resterà per molti decenni, esattamente fino al 2016, quando il costante incremento dell’attività ci obbligherà a cercare uno spazio più ampio ed adatto). Vi ricolloca la imponente piano-cilindrica “Marinoni” che non aveva mai cessato di lavorare (e che adesso fa bella mostra di sé nel Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari di Sassoferrato), il torchio e tutte le attrezzature che, via via, Temistocle Cianca aveva acquisito per la “Economica”; rinnova parte delle macchine e dei caratteri di piombo e di legno e, pur mantenendo i vecchi lavoranti, prende a bottega un giovanissimo apprendista che ho piacere qui di ricordare, per il ruolo di supplenza che tra qualche anno svolgerà: Alberto Agostini Ferretti, detto “il Tordo”.
Condotta con amore e competenza da mio nonno la tipografia effettua subito un salto di qualità: i lavori licenziati, riviste, numeri unici, libri ed opuscoli, sono sempre di una raffinatezza e di una accuratezza esemplari, ben impaginati e ben stampati, tra i quali meritano una citazione L’omino in frak, giornale di letteratura contemporanea diretto da Ignazio Drago, una curiosa figura di intellettuale, maestro e poeta di origine siciliana che, restando per poco tempo a Sassoferrato, riesce a stamparne soltanto due numeri nel 1923;
Gli amici dell’infanzia dispersa un periodico mensile di carattere sociale e religioso ad alta tiratura, diretto dalla maestra Edmea Sadori Salvioni, che esce per almeno quattro anni, dalla fine degli anni ’20 ai primi anni ’30;
La pace del ritorno, il primo libro di poesie di Raul Lunardi, una raffinata plaquette uscita nel 1930, per firmare la quale l’autore adotta il nom de plume di “Ugo Flavia”;
ed infine La freccia, un vivace e graffiante numero unico di 8 pagine stampato su carta gialla, che esce a Natale del 1932 ed è l’ultimo lavoro tipografico che mio nonno cura e vede stampato, perché muore, per i postumi di una caduta dalla motocicletta, esattamente un mese dopo, il 26 gennaio del 1933, a soli 37 anni.
I due figli, Francesco e Luciana sono minorenni e la titolarità della tipografia passa a mia nonna Itala, che la esercita solo per quanto attiene agli aspetti formali e burocratici, mentre la gestione quotidiana è affidata alla capacità ed alla fedeltà dei lavoranti, il più bravo dei quali, per velocità di composizione e pulizia di stampa, è senza dubbio “il Tordo”. L’attività, forte dell’immagine dinamica e di eccellenza impressagli da mio nonno, non conosce sostanziali flessioni, ma senza il suo slancio innovativo lentamente rifluisce in un onesto quotidiano che continua a fornire modulistica, manifesti ed opuscoli al Comune, carte intestate e da visita ai professionisti, ricettari ai medici, volantini per gli spettacoli cinematografici e teatrali e per la festa del Patrono e poco altro.
Nel 1946, con Armando Faggioni che, tornato dalla prigionia, ha sposato Luciana, la sorella di mio padre, ed è entrato in tipografia, la bottega artigiana, dopo tredici anni, ha di nuovo un titolare che ne assume la conduzione a nome della famiglia. L’attività, che nell’immediato prosegue con gli stessi ritmi e gli stessi clienti, inizia lentamente ad aumentare, risentendo anche del clima positivo che si respira nei primi anni del dopoguerra.
Dal fervore della ricostruzione ricevono infatti stimoli anche l’arte e la cultura, ed a Sassoferrato, promosse da alcuni intellettuali che vi hanno passato il periodo della guerra da sfollati e da giovani e promettenti artisti e studiosi locali, si organizzano delle mostre e si tengono conferenze sull’arte e sulla poesia. Mio padre, che fin da bambino ha naturalmente passato parte delle sue giornate tra carte, piombo ed inchiostri e che da poco ha iniziato ad Urbino studi d’arte, partecipa da protagonista a questi eventi e vi coinvolge la tipografia, dalla quale cominciano presto a uscire anche monografie storiche, brochure di artisti e soprattutto i cataloghi delle prime edizioni del “Premio Salvi”.
Questo clima fervido dura fino all’inizio degli anni ’60 e culmina, più o meno, con la pubblicazione di un numero unico di 12 pagine, curato da mio padre e intitolato La Strega, eco di vita sassoferratese, che forse si ripromette di regolare le successive uscite con una cadenza semestrale o al massimo annuale e invece, senza volerlo, chiude un periodo della vita cittadina ed anche una fase della tipografia. Avanzano gli anni ’60, la generazione che aveva vivacizzato il dopoguerra sassoferratese s’è dispersa, i più giovani partono per le grandi città, gli avvenimenti artistici locali hanno perduto la presa diretta e coinvolgente di un tempo e si svolgono in una crescente indifferenza. Mio padre insegna a Fabriano, è preso dal suo lavoro di artista e frequenta meno la tipografia, “il Tordo” va in pensione, un giovane e promettente apprendista, Ugo Stella, appreso il mestiere, apre una sua attività, mentre la storica “Garofoli”, condotta da Armando Faggioni, amministra quotidianamente, senza disperderlo ma senza neppure accrescerlo, il valore della sua esperienza e della sua immagine.